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Nella storia della cartografia del Mezzogiorno italiano lo studio della Dogana delle pecore di Puglia, chiamata a regolamentare la transumanza verso la Puglia, rappresenta un tema affascinante, sia per la dimensione del fenomeno, che ha riguardato più regioni e un arco temporale di quattro secoli, che per la grande tradizione di studi inaugurata dagli agrimensori che operano per conto dell’istituzione foggiana.

Per favorire il ripopolamento di Lucera, dopo la cacciata dei Saraceni che Federico II aveva fatto stabilire in città, Carlo II d’Angiò tra il 1302 e il 1306 assegnava a ciascun capofamiglia "una casa ed un campo ad uso di orto e vigna d’ogni peso immune" e complessivamente 2.000 salme di terra per la coltura dei cereali.

Grazie all’esercizio degli usi civici il bosco ha rappresentato tradizionalmente una risorsa preziosa per le comunità pugliesi.
In Capitanata, alla fine degli anni Venti dell’Ottocento, sono censiti 114 boschi comunali; negli anni Cinquanta in Terra d’Otranto, in occasione delle operazioni demaniali, il Bosco Belvedere del principe di Tricase veniva scorporato delle parti sulle quali esercitavano gli usi civici ben quindici comuni.

In Puglia, nel Settecento, il tema della divisione in quote delle terre demaniali da assegnare alle famiglie di contadini trova la sua prima e più nota applicazione in Capitanata dove, nella seconda metà del secolo, sui terreni che costituivano le masserie della Casa d’Orta, possedute dai Gesuiti dagli inizi del Seicento e fino al 1767, anno in cui i religiosi furono espulsi dal Regno, i Borbone fondano cinque "reali siti", quattro colonie nelle quattro masserie ex gesuitiche e una quinta presso il ponte sul fiume Carapelle.

Nella provincia storica di Capitanata la configurazione orografica e idrografica del territorio rende difficile il controllo delle acque di superficie. Non sorprende il fatto che nella statistica generale della provincia del 1867 le terre inondate e paludose occupino 6.619 ettari.
A partire dalla seconda metà del Cinquecento, in occasione delle operazioni di reintegra e compasso dei tratturi e delle poste doganali o delle semplici misurazioni e verifica dei confini delle proprietà, gli agrimensori, gli ingegneri e gli architetti descrivono la situazione compromessa di fiumi, torrenti, laghi e paludi disegnando le aree di esondazione; i tratti rettificati del corso di fiumi e torrenti con i vecchi e i nuovi argini; i canali artificiali aperti per il deflusso delle acque, l’alimentazione dei mulini e l’irrigazione dei campi; le aree di bonifica sottratte alle paludi.

Alla struttura territoriale definita prevalentemente dal bacino idrografico del fiume Ofanto corrisponde una complessa stratificazione insediativa, in particolare nel suo medio e basso corso. Tramite diretto tra il versante tirrenico e il versante adriatico, l’ampia valle del fiume Ofanto si è configurata quale elemento territoriale primario per lo sviluppo dell’insediamento dall’età pre-protostorica a quella contemporanea.

Nell’800 il progressivo processo di privatizzazione della terra con la quotizzazione dei demani, lo smantellamento delle proprietà ecclesiastiche e, nella parte centro-settentrionale, la censuazione delle terre sottoposte alla giurisdizione della Dogana delle pecore mutano il paesaggio agrario pugliese: al posto dei campi aperti, dediti essenzialmente alla pastorizia, si avvia il processo di intensivazione delle colture.

L’Archivio di Stato di Brindisi e l’Archivio Capitolare di Ostuni conservano due splendide platee dei beni del Capitolo della Cattedrale di Ostuni redatte dall’agrimensore Michele Ciracì, che riceve l’incarico nel 1794 e lo completa in sei anni, con la firma prestigiosa di regio agrimensore ingegnere e architetto.